Inviato da Maria Silvia Sanna il Sab, 17/10/2015 - 23:22

In occasione della Biodomenica, FIRAB, l'organismo di ricerca sul biologico promosso da AIAB, ha pubblicato una raccolta di dati relativa al mercato dell'agricoltura biologica in Italia. Il rapporto, dall'eloquente titolo "Continua la love story tra bio e italiani", dipinge il quadro significativo di nuove abitudini di consumo, che premiano la qualità e permettono alle imprese del biologico di crescere e offrire nuove opportunità di lavoro, nonostante la crisi.

A muovere questa love story sono le scelte sempre più consapevoli e attente dei consumatori, che vogliono portare a tavola la qualità, anche - se necessario - a discapito della quantità. Sono cresciuti gli acquirenti abituali di alimenti biologici e quelli che acquistano bio una volta al mese: parliamo di oltre 6 milioni di persone, prevalentemente donne concentrate nel Nord Italia, che non sono più come semplici consumatori estemporanei, ma esprimono l'esigenza di cambiare il proprio modello alimentare. Perché? Le motivazioni più frequenti, secondo un sondaggio svolto durante la Biodomenica del 2014, sono legate alle ragioni di salute, a quelle etiche ed ecologiche. L'attenzione al biologico va di pari passo con quella verso il km. zero e i prodotti locali: si acquistano prodotti importati solo in assenza di equivalenti italiani.

La crescita della domanda ha spinto i canali distributivi e, in particolare, la GDO e i discount ad aumentare l'offerta di prodotti biologici. Anche grazie a questi canali, il carrello della spesa si è arricchito di derivati dai cereali bio (+19%), ortaggi (+14%), olio EVO (+10%), uova (+5%). Tra le bevande, spiccano i succhi di frutta biologici (+28%) e i vini bio, cresciuti del 6%.

La grande distribuzione organizzata ha cambiato le carte in tavola, superando i negozi specializzati in termini di fatturato bio. A influenzare l'impennata delle vendite è stato anche il differenziale di prezzi tra negozi specializzati e GDO: quest'ultima, infatti, riesce a praticare prezzi del 10-20% inferiori su prodotti analoghi. Eppure, lo zoccolo duro dei consumatori preferisce i negozi specializzati, mentre quelli della GDO sembrano essere più sensibili a prezzo e promozioni. "Ora la sfida" si legge nel rapporto FIRAP, "è quella di convertire anche coloro che acquistano saltuariamente."

Crescono anche i ristoranti e i canali della filiera corta, come i mercati locali, i GAS e, ultimi arrivati, gli e-commerce. Tra i vantaggi della filiera corta c'è il ritrovamento di un rapporto diretto con i produttori, una riduzione dei prezzi al pubblico e una giusta retribuzione del lavoro agricolo. Tre volte win!

Grazie alla spinta dettata dai consumi, ci sono forti prospettive di crescita, che attraggono i giovani imprenditori agricoli (il 65% dei capiazienda ha meno di 50 anni) e le donne (una su tre), con un livello di istruzione medio più alto rispetto agli agricolturi convenzionali.

Soffermandosi sul punto di vista degli agricoltori, si osserva che, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, investire nel biologico conviene: il fatturato delle aziende biologiche è per il 10% più grande di quello delle corrispondenti aziende convenzionali. Inoltre, poiché vengono impiegati meno mezzi tecnici, i costi correnti sono più bassi, mentre sono più alti i costi legati a risorse umane e affitti passivi, poiché la superficie agricola media è più ampia. In sintesi, le aziende biologiche generano più lavoro e anche un maggiore reddito netto.

Per concludere con uno sguardo più ampio, ecco alcuni dati interessanti: parliamo di un settore che in Italia coinvolge 55.400 aziende agricole, che coltivano 1,4 milioni di ettari. Grazie a questi numeri, l'Italia è al primo posto in Europa per numero di imprese e al secondo posto per superficie coltivata. Anche a livello mondiale, il nostro Paese si posiziona al terzo posto per le dimensioni di un settore che vive in una piena fase di crescita.

Per saperne di più sul rapporto, potete scaricarlo qui.

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