Inviato da Maria Silvia Sanna il Lun, 08/07/2013 - 09:36

Tra piccole invidie tra amici e sottili insinuazioni, tra finti scoop e atteggiamenti puristi, leggo ciclicamente articoli che denunciano i malcostumi di questa o quella categoria di blogger. Malcostumi che, nel 99% dei casi, hanno a che fare con i più vari metodi di monetarizzazione dei blog. Questa volta, alcuni articoli acidi quanto parziali sull'universo dei foodblog, mi hanno fatto venir voglia di mettere alcuni puntini sulle i. In particolare, veementi strali contro la blogosfera food italiana sono arrivati da un blog interno al Corriere della Sera nel post Foodblogger: opere e omissioni a firma del giornalista milanese Valerio M. Visentin, un secondo articolo non reca né firma né data (e già questo sarebbe un punto discutibile, ma lasciamo correre) e compare su Sempre Pesce col titolo Food & Wine bloggers: pro o contro? che dimostra un'apertura dialogica poi tradita nel testo. 

Come diceva la Cantantessa in una delle sue canzoni "secondo un antico proverbio ogni menzogna alla lunga diventa verità", sarà per questo che ho sentito bisogno di dire la mia, con la presunzione di poter fornire un punto di vista documentato. Nei paragrafi che seguono troverete la mia opinione di blogger di notte e professionista del social media marketing di giorno sui foodblog e sul loro rapporto con i brand. Nessuna rivelazione, ma solo alcune osservazioni da insider: gioco a carte scoperte perché, lavorando nel settore, sono evidentemente a favore del binomio marketing e blog. 

UNIVERSO FOODBLOG

Sotto i riflettori del giornalismo e del marketing da un tempo relativamente breve, i foodblog sbarcano in Italia alla fine degli anni Novanta, quando i blog erano una novità assoluta. Il fenomeno diventa numericamente interessante negli ultimi anni, vantando una crescita esponenziale che arriva recentemente ad un vero e proprio boom: le fonti sono diverse e discordanti, ma secondo un lodevole censimento non-ufficiale aggiornato al febbraio di quest'anno, attualmente si contano oltre 2.600 foodblog italiani. C'è chi ne conta già 3.000, ma i metodi di rilevazione hanno la scientificità di quelli usati per le manifestazioni del PD.

Etto più, etto meno, si tratta comunque di un universo popoloso e fortemente differenziato al suo interno: si va dai ricettari della nonna più alla buona ai blog curati da redazioni strutturate come quelle di un giornale. A questi vanno ad aggiungersi tantissimi blog che appartengono a categorie affini, che trattano temi food all'occorrenza. 

BLOGGER E MARKETING

Ad una comunicazione sempre più orizzontale, si affianca la ricerca di strategie di marketing che intercettino i consumatori attraverso nuovi strumenti e canali, passando da una logica broadcasting (da pochi a molti) a una logica di rete (da molti a molti). Non c'è da stupirsi, quindi, se per i brand food (e non solo) l'esplosione del foodblogging sia una realtà appetibile e allettante, in quanto consente di attivare la brand awarness tramite il passaparola

Le strategia più usate dai reparti marketing e dalle agenzie di digital PR sono tutte volte a creare engagement, un coinvolgimento che poi si traduce (e si misura) in articoli o contenuti sui social media generati dai blogger, che contagiano con il proprio entusiasmo i lettori. Ecco alcune iniziative

  • Blogtour: i blogger sono invitati a vedere con i propri occhi i luoghi di produzione, vivendo un'esperienza immersiva.
  • Product Test: i brand spediscono ai blogger i propri prodotti perché questi ultimi ne parlino sul proprio blog. Non sempre si tratta di collaborazioni isolate, anzi ci sono blog che vengono coinvolti regolarmente in tutte le attività di marketing di un determinato brand, portando avanti collaborazioni continuative.
  • Article Marketing: i blogger pubblicano un articolo su un prodotto, un brand o una sua iniziativa, senza necessariamente testare il prodotto. In alcuni casi, ma non sempre, gli articoli sono indicati come redazionali o articoli sponsorizzati (come accade anche sui giornali tradizionali).
  • Event Marketing: a parte i blogtour di cui si è detto, i foodblogger presenziano spesso a eventi social di tutti i tipi. Dalle fiere ai contest, fino alle cooking class in azienda, molti eventi sono disegnati in modo tale da coinvolgere attivamente uno o più blogger.
  • Contest: nei concorsi di cucina i foodblogger fanno la parte dei leoni come concorrenti, special guest o come semplici diffusori della notizia. 

Com'è naturale alcune di queste collaborazioni implicano una retribuzione economica o un rimborso spese, ma l'equazione guadagno con il blog uguale lavoro nero è piuttosto frettolosa. Quando si collabora con le principali agenzie del settore, i pagamenti e le relative dichiarazioni avvengono attraverso formule consolidate e perfettamente legali, attraverso la partita IVA o con collaborazioni occasionali. 

TRASPARENZA E ONLINE REPUTATION

Quello che i blogger fanno, non si discosta da quello che hanno sempre fatto i media: sovvenzionare la propria attività attraverso la raccolta pubblicitaria. Il problema qual è quindi? A me sembra che ci siano due problemi distinti:

  • La confusione tra giornalisti e foodblogger. In nessun paese esiste identità tra giornalisti e blogger, nemmeno negli Stati Uniti dove è più diffuso il blogging professionale. In Italia le due categorie sono separate innanzi tutto dal punto di vista giuridico perché per essere giornalisti bisogna essere iscritti all'albo, inoltre i giornali devono a loro volta essere registrati per essere considerati organi di informazione. In molti casi i blogger sono anche giornalisti, ma questo non trasforma i blog sui quali scrivono in giornali. Tutto questo significa che i blogger non hanno gli stessi obblighi dei giornalisti e non sono soggetti alle stesse regole, ma non esclude la necessità di una consapevolezza e di un'etica professionale anche da parte dei blogger. 
  • L'identità tra chi scrive e chi fa cassa. Nel caso dei giornali la raccolta pubblicitaria viene effettuata da un concessionario e questo dovrebbe lasciare ai giornalisti una maggiore libertà espressiva. L'esperienza dimostra che spesso non è così e che "la cassa" condiziona eccome anche i contenuti giornalistici. Senza entrare nel merito della rapporto tra mercato pubblicitario e libertà di informazione, mi concentro invece sui blog nei quali si realizza uno accorpamento delle funzioni per cui chi scrive è la stessa persona che chiude gli accordi con agenzie e brand. 

Per completezza, c'è da dire che da sempre i giornalisti vengono coinvolti in iniziative di PR, alcune delle quali comprendono omaggi, degustazioni, viaggi. Stranamente, però, solo i blogger sono richiamati a mantenere la propria integerrima purezza, nonostante sia nozione condivisa che i blog non siano organi stampa. 

Come uscire dall'impasse?

A mio parere la trasparenza è la chiave di volta per mantenere un equilibrio tra i contenuti brandizzati e quelli spontanei. La reputazione online del blogger (e anche quella del brand) cammina su un filo sottile: online si fa presto a creare un caso gridando allo scandalo, a volte anche in presenza di dinamiche del tutto regolari. Per questa ragione è importante distinguere chiaramente i contenuti sponsorizzati da quelli spontanei: il ritorno negativo d'immagine sulla reputazione di blogger e brand non vale i risultati di una "spontaneità" farlocca. Seguendo l'esempio degli altri media, inoltre, non bisogna smettere di produrre contenuti spontanei ed è fondamentale mantenere una propria linea editoriale specifica, rispettando il patto implicito con i propri lettori. 

LETTORI E ADVERTISING

Una parolina va detta anche a favore dei lettori di foodblog: la casalinga di Voghera, lettrice appassionata di foodblog, è ormai avvezza alla pubblicità on e offline ed è in grado di distinguere un contenuto sponsorizzato anche senza disclaimer. 

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