Un po' di tempo fa, abbiamo pubblicato un articolo con 7 bellissimi esempi di menù creativi, dove il design non solo è funzionale, ma riesce anche a raccontare qualcosa della personalità del ristorante. Oggi abbiamo deciso di fare un passetto in avanti e di condividere (almeno un po') quell'insieme di considerazioni psicologiche, tecniche di marketing e design che costituiscono una vera e propria scienza del menù. Vi sembra strano? Erano da poco cominciati gli anni Ottanta quando Michael L. Kasavana e Donald J. Smith, dell'Università del Michigan, pubblicarono una metodologia di analisi specifica per i menù dei ristoranti. Nasceva così il menu engineering. Secondo gli adepti di questa disciplina - ma anche secondo i ristoratori - l'obiettivo di ogni menù che si rispetti non è permettere agli avventori di scegliere i propri piatti e bevande preferite (credevate fosse così? ingenui!), ma fare in modo che i clienti del ristorante orientino la propria scelta verso i piatti a più alto margine di guadagno per il ristoratore... magari pensando di aver risparmiato qualcosina. Win-win, no?
Di solito, il processo di ottimizzazione del menù avviene in quattro fasi:
1. Analisi dei costi: l'analisi del costo medio di ciascuna portata, ripartita in costo delle materie prime, costo del personale e spese fisse.
2. Categorizzazione: la suddivisione del menù in categorie non sovrapponibili permette di mettere a confronto i piatti sulla base di rendimento e del gusto del pubblico.
3. Design e copy: qualche attenzione sulla posizione degli elementi, gli spazi, le scelte grafiche e linguistiche trasforma il menù da una anonima lista di piatti in un efficace banner pubblicitario.
4. Test: come sempre, nessuna ipotesi può essere verificata senza la prova del nove dell'impatto con la clientela del locale, così tutto quello che abbiamo immaginato potesse funzionare dovrà poi essere valutato sulla scorta degli effettivi risultati.
In questo post ho scelto di concentrarmi su design e copy: è la parte più creativa e inevitabilmente quella che ci piace di più, ma se fate i bravi prossimamente proveremo a sviscerare anche le altre tre, promesso! :)
10 cose da sapere per avere un menù che funziona:
- Il triangolo d'oro
- Occasione o... suggestione?
- Ci piace piccolo
- Che colore ha l'appetito?
- A chi piace parlare di soldi?
- Nutrire l'immaginazione
- Storie da bere
- E ora: dammi aria!
- Di cosa sei fatto?
- Un menù da sfogliare... o no?
Una consistente parte della psicologia del consumatore applicata ai menù dei ristoranti si è concentrata sulla vista: quali sono i primi punti sui quali si posa lo sguardo del cliente? La risposta varia molto in base al tipo di menù proposto dal ristorante e a influenzarla intervengono fattori come le dimensioni del menù, il numero di fogli, facciate, ante, ma anche l'uso di foto e colori, come vedremo dopo. Eppure, esiste una costante: sarà la parte centrale del menù a catturare per prima l'attenzione del nostro avventore tipo, seguita dall'angolo in alto a destra e poi da quello in alto a sinistra.
Per esempio, in un menù a tre ante - pensate alla classica brochure che la pizzeria d'asporto dietro l'angolo vi ha lasciato nella cassetta della posta - lo sguardo si concentra prima sull'anta centrale, poi passa all'angolo in alto a destra e infine a quello in alto a sinistra. È in quest'area, detta "il triangolo d'oro" che dovrebbero essere concentrati i piatti con il margine di profitto più alto.
2. Occasione o... suggestione?
Molto spesso i piatti del menù sono in ordine di prezzo a partire dal più economico. Immaginate di riprendere in mano il menù della pizzeria che abbiamo visto sopra: indovinate cosa ci sarà nell'angolo in alto a sinistra? Ce l'avete? Secondo me, quello è l'angolo in cui troverete le pizze classiche più economiche (diciamo focaccia, marinara e margherita). Proviamo a invertire la logica: mettiamo un piatto più costoso in cima alla lista e poi al secondo e al terzo posto mettiamo due piatti leggermente più economici, ma con un margine più elevato. Cosa accadrà a questo punto? Il consumatore medio sceglierà il secondo o il terzo piatto, sentendo di aver fatto un affare. Non solo: pensando di aver risparmiato sarà più propenso a ordinare più portate dallo stesso menù.
È solo suggestione, ma shhh... non diciamolo a nessuno!
La verità è che quando stiamo per ordinare il nostro pranzo al ristorante dedichiamo ben poco tempo al menù: secondo una statistica dell'agenzia statunitense di consulenza e ricerca Gallup, il tempo che ogni cliente dedica mediamente alla lettura del menù e alla scelta del piatto è di 109 secondi. Nemmeno due minuti. Probabilmente con continue interruzioni da parte degli altri commensali. Vale la pena, allora, presentare un menù lunghissimo mettendo sotto stress il vostro cliente? Forse no: meglio selezionare un numero ristretto di opzioni per evitare l'imbarazzo della scelta o, addirittura, un vero e proprio overload informativo. Dalle cinque alle dieci portate per ciascuna categoria andranno benissimo per offrire al cliente libertà di scelta senza farlo sentire sopraffatto, ovviamente il numero ideale varia anche in base al tipo di locale e al suo specifico posizionamento. Senza contare che un numero di portate ristretto permette anche un maggior controllo dei costi e delle materie prime.
Sull'ordine delle portate, invece, ci sono scuole di pensiero differenti: secondo alcuni le prime due opzioni di ciascuna categoria insieme con l'ultima sono quelle che vengono ordinate più spesso, secondo altri la prima opzione viene automaticamente scartata da una buona parte degli avventori.
Come ogni buon grafico sa bene, ciascuno di noi tende inconsciamente a collegare i colori con emozioni e significati particolari. Nei menù il verde è spesso associato con l'idea di freschezza e di cibi salutari, l'arancione, invece, pare sia il colore adatto a stimolare l'apperito. Giallo e rosso sono colori che attirano l'attenzione e spingono all'azione, quindi si possono usare per mettere in evidenza alcuni piatti. Chiaramente si potrà evidenziare con un riquadro, un colore diverso o qualche altro segnale grafico solo una portata per ciascuna categoria, ricordando che più elementi evidenziamo e più rischiamo di appiattire l'effetto generale. Insomma: se tutto è "in evidenza" nulla lo è davvero.
E attenzione: i colori del menù non possono prescindere dal colore del logo e dall'immagine coordinata, quindi tutti i ragionamenti di questo tipo andranno fatti a monte!
Un ragionamento a parte va fatto per le foto: anche loro ci permettono di presentare al meglio le portate più interessanti del menù, ma sono spesso riservate alla ristorazione rapida ed economica. Di certo rappresentano un'opportunità da valutare caso per caso.
5. A chi piace parlare di soldi?
Quando andiamo a mangiare fuori, il portafoglio è una delle barriere più importanti che si frappongono tra le nostre preferenze e il nostro palato. Quasi tutti hanno paura di spendere troppo e a nessuno piace pensare al conto prima ancora di aver addentato qualcosa... onde evitare di farsi la bocca amara! I ristoranti hanno trovato diversi escamotage per togliere l'enfasi dal prezzo. In molti menù, il prezzo si trova accanto alla descrizione del piatto, dal quale lo separa solo un trattino o uno spazio: in questo modo si permette al cliente di concentrarsi sulla proposta gastronomica, rendendo più difficile il confronto economico tra i piatti, perché i prezzi non si trovano tutti allineati a destra. Il tocco di classe? Mimetizzare il prezzo tra le parole, scrivendolo in lettere.
Diversa la strategia adottata dai ristoranti economici e dai fast food, che è invece più simile a quella di grande distribuzione e discount: abbattuti i prezzi tondi, è dietro alla virgola che si nasconde il prezzo di ciascuna portata. Così un piatto di 10€ costerà i proverbiali 9,99€: preparate gli spicci!
Con questo punto, cominciamo a entrare nell'ambito del copy e della scrittura per i menù: se i superlativi assoluti sono poco credibili e un pochino abusati, la descrizione di un piatto non può prescindere da una descrizione evocativa capace di far venire l'acquolina in bocca ai clienti. Se il menù offre pochi piatti, allora è possibile sbizzarrirsi nella loro descrizione inserendo dettagli sugli ingredienti o sui metodi di preparazione per esaltare tutto ciò che rende il piatto una creazione unica. Un tasto ben noto a chi lavora nell'ambito della ristorazione è quello della nostalgia: quella canaglia è capace di farci associare la crostata di pesche di una immaginaria Zia Maria a quella simpatica vicina di casa che ci offriva la merenda quando eravamo bambini. Pensate all'effetto che può avere (e, in effetti, ha) il ricordo delle ricette della propria terra sul cuore e sulle papille di un meridionale trapiantato in una regione del nord o di un italiano all'estero!
Per concludere, anche una descrizione un po' più lunga delle altre può essere un ottimo modo per attirare l'attenzione su un piatto con un alto margine di guadagno!
Per una (sempre meno) piccola nicchia di adepti del mondo del vino e del mondo della birra artigianale, scegliere cosa bere in una lunga lista di vini e birre apparentemente tutti uguali non rappresenta un problema. Per tutti gli altri, è una scelta che causa non pochi imbarazzi: per superarli, la carta dei vini e delle birre si può trasformare in una piccola (e concisa) guida che permetta ai clienti del ristorante di orientarsi e conoscere qualcosa di più su prodotti e produttori. Magari indugiando su qualche curiosità che trasformi quel bicchiere in una esperienza, ricordando paesaggi lontani, riportando la storia di chi quel vino e quella birra li produce. Una buona idea può essere suggerire gli abbinamenti con i piatti del menù.
Un menù ben fatto deve contenere molte informazioni, senza soffocare il cliente e senza mettere a dura prova la sua vista. Per evitare questi problemi servono dei punti di fuga per lo sguardo: spazi più vuoti dove l'occhio possa trovare riposo... ed essere incuriosito da una portata isolata messa proprio lì per attirare l'attenzione. E, indovinate? Sì, anche quella portata garantisce un ottimo margine di profitto!
Il materiale di cui è fatto il menù ci dice qualcosa sul ristorante e sulle sue scelte. Materiali più ricercati implicano un ristorante di classe, mentre un menù plastificato si associa spesso alla ristorazione da fast food. Nell'insieme di materiali e design si gioca una parte della percezione del posizionamento del ristorante da parte del cliente. In molti casi, un menù scritto a mano su un supporto cartaceo gradevole è preferibile a un template banale realizzato su Word. Per chi invece vuole adattarsi ai tempi che corrono, un ottimo investimento possono essere i tablet connessi con un gestionale con cui gli ordini possono essere gestiti direttamente dai clienti.
10. Un menù da sfogliare... o no?
Abbiamo già detto che ci piace piccolo e che è meglio non eccedere con le proposte, ma piccolo quanto? Vediamo alcune opzioni. Un menù di una sola pagina è sicuramente facile da consultare e permette una scelta rapida, ma potrebbe anche suggerire l'idea di un pasto leggero e veloce: in questo modo la profittabilità per singolo cliente potrebbe essere più bassa. Un menù composto da due pagine è nella maggior parte dei casi la scelta migliore: suggerisce l'idea di un pasto completo, ma è allo stesso tempo facile da consultare. Una valida alternativa è il menù composto da tre pagine. Un menù con più di tre pagine rende difficile la scelta al cliente e, allo stesso tempo, limita di molto la possibilità di guidarne le mosse.
Tutto chiaro? Se siete arrivati fin qui e ora siete un po' confusi su quali scelte adottare, niente paura: scriveteci e saremo felici di aiutarvi!
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